Danza Shaabi e hip hop, il festival Stelle d’Oriente a Borgaro
Non è vero che la danza sia un linguaggio universale, è anzi molto diversificata, radicata com’è nelle differenti culture e società, ma certo è un’arte e uno strumento di comunicazione e socializzazione che, esprimendosi con il corpo e il movimento, tutti ci avvicina.
Per questo può essere veicolo privilegiato di conoscenza reciproca e di integrazione. A prodigarsi per la diffusione di danza e musica del Medio Oriente è la torinesissima e colta Aziza, al secolo Silvia Fiore, che in più di vent’anni di studio e insegnamento ha creato un ponte culturale che non attraversa lo Stretto, bensì ci porta fino alle civiltà del sud del Mediterraneo.
Negli stages del festival, così come nei corsi annuali della sua scuola Aziza, si contano tante donne italiane, rumene, marocchine, peruviane, brasiliane che insieme liberano la loro musicalità e sensualità in movimenti sinuosi e ipnotici di cui viene spiegata storia e significato. Né di soli generi tradizionali, folk e fusion parliamo.
Nel palinsesto di Stelle d’Oriente anche spettacoli e workshop di musica e danza Shaabi – nate nelle strade del Cairo ai tempi delle prime apparizioni dell’Hip hop nel Bronx – e Maraghanat innervati di controculture e testi di denuncia.
Stella ospite è il siro libanese Amir Thaleb, artista internazionale che ha la sua scuola principale a Buenos Aires. E poi c’è un talent con il musicista torinese Henoel – che ha composto per Dario Argento – fra i giurati.
Fra le concorrenti sezione giovani partecipa una ragazza ucraina fuggita la scorsa primavera. Tutto politically correct, ma spontaneo e non artefatto. Deniz Kivage l’avvocata per i diritti delle donne iraniane che è stata ricevuta da Mattarella è stata invitata a prendere la parola sul palco.
E’ la figlia di Zhaleh Alizadeh, una donna bellissima (si è classificata seconda a Miss reginetta d’Italia over), fuggita dalla rivoluzione khomeinista e oggi interprete quadrilingue per tribunale e polizia torinesi.
Allieva «storica» di Aziza, racconta così la sua esperienza con la danza orientale a Torino: «Non è una vergogna essere belle e mostrare il proprio corpo. E se da noi le ragazze vengono arrestate per avere ballato, è meraviglioso danzare qui. A me ha aiutato molto. Lontana dal mio paese, dai miei parenti, mi sono sentita a casa. Fino a quarantaquattro anni fa anche in Iran si ballava insieme, su queste musiche, prima di essere private di qualunque diritto. In Stelle d’Oriente e nei corsi anche le italiane imparano a conoscere le nostre culture e tradizioni. Ci si conosce, ci si apre la mente. Oltre ad ammorbidire il corpo in movimenti molto femminili».
Il pubblico del festival è abitualmente formato per il 30% circa di mediorientali. Fatima Zrideg nata a Casablanca, quest’anno non potrà partecipare, ma tiene a raccontare cosa significa per lei praticare questa disciplina. «Da dieci anni frequento questi corsi. Lavoro in un’impresa di pulizie e mi sono diplomata alla scuola serale, ma per questo trovo il tempo. Quando ballo sto proprio bene, dimentico tutti i problemi e le difficoltà. Mio marito non me l’avrebbe mai permesso, ma sono divorziata…», confida. Quando l’integrazione passa per quella che noi chiamiamo la «danza del ventre».